Ott 18, 2012 - Senza categoria    3 Comments

Silvano…Mio Padre

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Capitolo 17

Il Mio Libro

 

“Apro l’armadietto per cambiarmi.    Il piccolo spogliatoio riservato ai pazienti in dialisi, poco illuminato e con la finestra chiusa, mi sembra cupo più delle altre volte.    Le quattro ore e mezza trascorse “appeso” al rene artificiale per depurare il sangue, non sono passate bene.    Ho staccato con la pressione arteriosa sistolica a 105 (massima) e diastolica a 60 (minima).    Lo stomaco mi fa male e devo muovermi lentamente a causa dei capogiri.    Le braccia sono pesanti e riesco a stento vestirmi, per fortuna sono in auto.    Gli undici chilometri che mi separano da Dolo a Oriago, sembrano interminabili e si aggiunge un forte senso di nausea.    Quando arrivo sottocasa sono allo stremo delle forze, spengo il motore dell’auto mentre il respiro affannoso e la voglia di vomitare mi avvertono che sto per collassare.    Svengo.    Mi riprendo quando mio padre apre lo sportello della mia cinquecento, cingendomi da sotto l’ascella destra mi tira fuori ma non riesco a stare in piedi.    Lui mi prende in braccio come un bambino e mi porta al terzo piano in una sola volta, stendendomi a letto.    La notte non riesco a dormire per le continue, profuse sudorazioni e la nausea.”

 

Situazioni simili, fortunatamente, accadevano di rado.    Ammiravo la forza di mio papà, la sua capacità di riuscire in ogni lavoro di casa o nella propria professione artigianale.    Osservavo sempre attentamente quello che faceva e, ancor oggi, quando mi cimento in piccole cose domestiche lo emulo.    Se era in difficoltà, si sedeva in uno sgabello, accendeva una Diana e pensava.    Il tempo di fumarla e poi iniziava con manualità sicura alla realizzazione dell’idea.    Lo faccio anch’io…ma senza la sigaretta.    Contrariamente a nonno Dante, la caccia non è mai stata il suo hobby, bensì la pesca.    Siamo stati infinite volte a pescare insieme nel tempo libero e mi divertivo quando raccontava agli amici di aver preso pesci molto più grossi di quelli effettivamente pescati.    Un cancro ai polmoni se lo portò via in sei mesi.    Spirò il 23 giugno 1990.    Troppo presto per Jonathan, aveva due anni, ed anche per me.    Ancora mi porto il rimpianto per non averlo ringraziato dei suoi insegnamenti e…per non avergli detto abbastanza “ti voglio bene”.    Quando mi chiese in piedi nel salotto “tu che pensi di questa cosa” mi porse la diagnosi rilasciata dal reparto radiologico di Padova da cui eravamo appena tornati, l’aveva letta in auto ed io risposi  “non è nulla di buono papà”.   Aveva solo bisogno di una conferma.    Non mi capacito del fatto.    Sono state le ultime parole che ci siamo scambiati.

 

  

298)                                    Silvano Mio Padre                                         12.1.1990

 

Si potrebbe oltrepassare il limite di questa realtà

e cercare di capire la vita quando impazzisce

vorrei lasciare per un attimo il mio corpo

e non essere più triste

non sentirmi così impotente

e ribellarmi al senso di rassegnazione

per quanto il destino sta facendo a mio padre

si potrebbe sperare

ma la speranza diventa un’illusione

quando si è consapevoli del male…

e poco resta

se non l’affetto

per nascondere la VERITÀ.

 

Tp