Tagged with " mio"
Gen 29, 2012 - Senza categoria    4 Comments

Il Mio Libro Capitolo 11

Butterfly_and_Flower.jpg

 

 

Il Sole e la Luna

 

 

IL SOLE E LA LUNA

 

Una cantina trasformata in alcova, due piccole finestre, tendaggi per un’atmosfera soffusa, pareti dipinte a rappresentare un tramonto e fiori che si arrampicano nei pochi mobili presenti, candele profumate alla vaniglia che si confondevano col profumo del vino moscato, luci colorate agli angoli della stanza di sei metri per quattro, una stufa a gpl per riscaldare, il pavimento di cemento scuro lucidato,  un letto singolo e…noi.    Impazienti, timidi, desiderosi, vicini, intrecciati, eccitati, impreparati, innamorati e…la nostra giovane nudità.    NOI.    I baci sul collo, sul mento, sui lobi, sugli occhi, sulla fronte, sul naso, sulle spalle, sulla schiena, sulle ginocchia e le caviglie.    NOI.   Piccoli, immaturi, curiosi, inesperti e le carezze, sulle mani, sulle braccia, sul viso, nei capelli, a sfiorare le labbra, le sopraciglia, sul cuore, lungo i fianchi, sulle cosce, a sfiorare il pube, l’ombelico, il seno.    Noi, avvolti nella passione, gli occhi aperti alle emozioni, l’udito teso ad ascoltare le sensazioni, l’olfatto per inebriarci di NOI, il tatto per scoprire il piacere, la pelle ed il calore della sensualità.    NOI a scambiarci noi, nella vertigine dei respiri, dei gemiti, dei si e le mani che cercano, le dita che esplorano, la bocca che maliziosa riporta alla mente sogni erotici inconfessati, abbracci che straziano i sensi, pensieri che emergono dall’impensabile, ventri che s’inarcano, capezzoli mai sazi.    Ancora noi, a giocare coi nostri sessi, a parlare e sorridere mentre il pudore muore agli sguardi, a scambiarci infiniti “ora tocca a me”, a lasciarci andare agli umori dei nostri corpi quando morbidi petali d’amore si posano stanchi sulla tenerezza dell’orgasmo.    Sempre noi, in una magica sincronia ascoltando i battiti dei cuori che piano ritrovano riposo nei toraci che, come mai, si appartengono.    Si, NOI, morenti di vita, vuoti di pienezza e di nuovo pronti a ricominciare l’animazione dei desideri.   Unicamente NOI, con le promesse di non lasciarci mai, così sicuri dei pogetti da realizzare in futuro, condotti per mano dal destino al confine tra adolescenza e maturità, decisi di lanciarci nel vuoto per volare in un’unica vita.   NOI che ad ogni incontro sembrava il primo, che ogni strumento suonava armonie a nostra immagine, certi oramai che il sole, finalmente, è riuscito ad abbracciare la luna sopra un cielo, troppo piccolo per contenere…NOI.

 

 

 

Noi Due

 

Noi due per mano

due rondini nel cielo

le foglie cadono e rinascono

un treno corre veloce

i nostri corpi una sola cosa

l’edera su di un muro

il tuo volto in un sogno

il vento tra le foglie

una mano coglie una rosa

un gabbiano si tuffa nel mare

la mia mano sul tuo corpo

un aereo sfiora L’universo

un bacio sulle tue labbra

un’ape si posa su un fiore

mille immagini si fondono

tutto intorno ora gira

gli occhi si socchiudono

le mani più non tremano

un passero si posa stanco

il freddo intorno a me

.. .solo fantasia?

Besos33[1].jpg

Mag 31, 2011 - Senza categoria    8 Comments

Il Mio Libro – Capitolo 3

io e nonno Dante.jpg

 

io

e

nonno

Dante

 

 

 

CAPITOLO 3        LE GALLINE        

 

“Paolo, appena hai terminato di mangiare esci e controlla il vigneto dell’uva bianca, se vedi qualche gallina scappata dal recinto mangiare i chicchi, chiamami”.   Appena inghiottito l’ultimo boccone del pranzo, mi precipitai fuori volando sui gradini.   Se il nonno mi diceva di fare qualcosa per lui, eseguivo alla lettera.   Seduto vicino al vaso dei gerani rossi e gialli della zia, controllavo il filare dell’uva da tavola che tutti chiamavano uova di gallo, era buonissima e con grandi chicchi succulenti.   Stavo in posa come il mio Reno quando fiutava la preda e neanche il sole cocente poteva distrarmi dal mio compito.   Appena vidi una grande gallina bianca a cui seguiva un’altra beccare l’uva, corsi dentro casa senza neanche respirare e chiamai ‘nonno…nonno le galline mangiano l’uva’, lui si alzò di scatto dalla sedia, prese il fucile appeso alto sulla parete della porta d’ingresso, con le chiavi aprì il cassetto della credenza in salotto, raccolse due cartucce da caccia di colore rosso e le inserì nelle canne, uscì dalla porta, puntò la doppietta in direzione delle galline, mise in carica i cani e premette i grilletti “bumm…bumm”.   Portai le mani alla bocca, spalancai gli occhi e guardai le galline colpite in pieno in una nuvola di piume svolazzanti, poi rivolsi lo sguardo a mio nonno e tra paura ed orgoglio, mi avvicinai alla sua gamba sinistra abbracciandola mentre mia nonna diceva qualcosa molto contrariata.   Il giorno dopo si mangiò arrosto e lesso…con condimento di pallini.”  

 

Ammiravo mio nonno Dante, lui parlava poco ma nessuno osava contrariarlo.  Quando decideva qualcosa doveva essere fatto.   Mi voleva tanto bene, con lui andavo a caccia e a pesca, mi raccontava degli uccelli e dei pesci, come riconoscerli e catturarli.   Si trascorrevano lunghe ore nel capanno fatto di frasche, con una piccola feritoia per osservare l’arrivo di merli, fringuelli e tordi.   Sparava solo a quelli più grossi, mi spiegava, perché riteneva giusto che i piccoli giovani potessero vivere la loro vita.   Mi insegnò come usare il coltellino da caccia per intagliare la corteccia di un bastone raffigurando immagini, figure geometriche o spirali, costruire un arco e le frecce oppure una fionda.   Mi prendeva per mano a passeggiare nei campi, spiegandomi delle stagioni, delle semine e dei raccolti.   A volte lo osservavo quando, assorto, rimaneva in silenzio con lo sguardo fisso sull’orizzonte, quasi a scrutare il futuro, mentre il fumo della sigaretta gli accarezzava il viso e si consumava spegnendosi fra le dita.   Fumava le “Nazionali” senza filtro,   il pollice, l’indice e medio, della sua mano sinistra erano gialle dalla nicotina e vicino all’unghia nere dalle bruciature, così anche i baffi a seguire il labbro superiore.   I suoi occhi scuri incutevano rispetto ma nel contempo i lineamenti del viso erano sereni.   Mio papa’ somigliava molto a lui ed io con loro mi sentivo al sicuro.    Ho tra i miei ricordi un episodio divenuto motivo di ilarità ogni qualvolta lo si racconti.   Tutto era pronto per la mietitura del grano, quando un brutto temporale ci costrinse tutti a rientrare in casa, il forte vento alzava la polvere e le nuvole scurissime minacciavano la grandine.   Posti al sicuro gli animali, si chiusero i portoni e balconi delle stalle e della casa, lasciando uno spiraglio solo in cucina per poter vedere quello che si preannunciava un disastro.   Mia nonna, le zie, la mamma accesero alcune candele benedette ed iniziarono a pregare innanzi l’immagine della Madonna.    Anch’io stavo vicino a loro in ginocchio, ma il fragore del vento, l’inveire degli uomini assunti per l’occasione, i braccianti, Livio, Mariano, mio padre, lo zio Aldo, i proprietari della trebbia e mio nonno maledivano e bestemmiavano per quel temporale che, se fosse arrivato poche ore dopo, non avrebbe arrecato danno al raccolto.   Poi iniziò a piovere e grandinare e tutti erano agitatissimi, a quel punto mi alzai e avvicinandomi al nonno bestemmiai come tutti loro alzando il pugno contro il temporale, mia nonna con le mani congiunte mi disse “nooo…Paolino, non bestemmiare altrimenti il Signore ci punirà”. Ci fu un momento di silenzio…poi tutti risero fragorosamente e da allora mi chiamarono ometto.